Croce Benedetto

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Benedetto Croce nasce a Pescasseroli negli Abruzzi il 25 febbraio 1866.

Legato per tutta la vita a Napoli, Benedetto Croce era dotato di una enorme capacità lavorativa, durata fino alla morte, a 86 anni. Messo al riparo dalle necessità materiali da un ingente patrimonio personale, svolse come libero scrittore un'ininterrotta e intensa attività nei più svariati campi della filosofia, della storia, della letteratura e dell'erudizione.

Filosofo e mentore politico, Croce era un liberale molto moderato, diffidente verso il suffragio universale fino alla prima guerra mondiale. Teorico dello storicismo e dell'idealismo, è conosciuto per la sua teoria delle quattro sfere dello spirito: la morale, la politica, l'estetica e l'etica; ognuna di queste ha, secondo Croce, una propria autonomia, ma tutte godono della circolarità dello spirito. Giolittiano, senatore di nomina regia, fu ministro della Pubblica istruzione nel dopoguerra. All'avvento del fascismo, fino al delitto Matteotti, dimostrò grande indulgenza verso il regime. Legato da amicizia con Giovanni Gentile (che fu per molti anni, e fin dall'inizio nel 1903, collaboratore della sua rivista «La critica»), Croce ruppe questa amicizia quando Gentile pubblicò il Manifesto degli intellettuali fascisti. Croce promosse sulla sua rivista un contromanifesto che diventò un riferimento dell'antifascismo interno (pubblicato il 1° maggio 1925). A questa rottura, seguì da ambo le parti una polemica puntigliosa, durata molti anni. Il regime fascista, per costruirsi un alibi di fronte agli ambienti internazionali della cultura, consentì tacitamente a Croce una certa libertà di critica politica. Mussolini chiese: "Quante copie tira Critica?". Gli risposero: "1500". "Allora lasciatelo stare". Croce pensa del fascismo che sia una "brusca interruzione", frutto di una "necrosi spirituale" portata dalla guerra. Croce si avvalse di questa possibilità nei libri e nelle note che veniva pubblicando su «La critica» per una difesa degli ideali della libertà. Esiliato in patria, diventa il riferimento di molti intellettuali italiani. Nel 1944, elabora la teoria del fascismo come "parentesi". Nel 1943-47 fu presidente del Partito Liberale, e partecipò ai governi Badoglio e Bonomi e alla Costituente. Decisamente avverso al comunismo, si commuove leggendo le lettere di Gramsci, di cui loda il valore letterario. Un giudizio che peserà. Collabora anche al "Mondo" di Pannunzio. Muore a Napoli il 20 novembre 1952


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