Labus Giovanni

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Giovanni Labus (Brescia, 10 aprile 1775 – Milano, 6 ottobre 1853) è stato un politico, archeologo ed epigrafista italiano. Nato a Brescia quando ancora la città era soggetta alla Repubblica di Venezia, Giovanni Labus era figlio di Stefano, di origini dalmate, e della veneta Francesca Guerini. Con la prospettiva di intraprendere la carriera ecclesiastica, nel 1792 entrò nel seminario diocesano di Brescia ma decise di abbandonare i propri studi, pubblicando un volume di sue composizione, fatto che contribuì a renderlo noto al grande pubblico ed a farlo nominare segretario del governo provvisorio locale. Completò i propri studi laureandosi in legge a Bologna nel 1806. Sempre nel 1797, divenne direttore con Giovanni Febrari del periodico La frusta democratica, di chiara ispirazione giacobina, con toni spesso spiccatamente anticlericali e persino violenti. Col Trattato di Campoformio del 17 ottobre 1797, la città di Brescia finì annessa alla Repubblica Cisalpina e come tale la sua attività di pubblicista rivoluzionario venne largamente ridimensionata, procurandogli in alcuni casi anche l'arresto. Il 4 aprile 1799 decise di trasferirsi a Milano dove entrò negli uffici ministeriali della nuova repubblica, ma venne poco dopo costretto ad emigrare in Francia con il ritorno degli austriaci. Da Parigi passò a Bruxelles, Leida ed Amsterdam dove ebbe inizio la sua passione per le antichità. Dopo la Battaglia di Marengo poté fare ritorno a Milano dove cercò senza riuscirvi di ottenere le proprietà che a Brescia gli erano state sequestrate. Abbandonata ormai definitivamente l'attività giornalistica e rivoluzionaria, il 3 agosto 1800 venne nominato segretario del dipartimento del Mella per poi fare ritorno a Brescia poco dopo e sposarsi con Teresa Pellegrini, dalla quale ebbe poi undici figli. Nel 1802 venne rieletto alla carica di delegato del dipartimento del Mella a cui si aggiunse quello del Mincio e del Serio, divenendo dal 1804 anche segretario della prefettura dell'Adige. Il 12 giugno 1805 tornò a Brescia per accogliere Napoleone alla sua nomina a re d'Italia, dal quale venne riportato a Milano come capo della divisione dell'intendenza generale per i beni della Corona.


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