Guzzi Giuseppe

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Giuseppe Guzzi, detto Naco (Milano, 6 agosto 1882 – 14 giugno 1962), fratello maggiore di Carlo, fu il vero supervisore tecnico della casa di Mandello del Lario.

Laureato in ingegneria civile al Politecnico di Milano, fu responsabile dell’ufficio tecnico della Moto Guzzi, collaborando con il fratello nello sviluppo di diversi progetti, soprattutto nel campo della telaistica. Disegnò anche alcuni dei capannoni e strutture della fabbrica, oltre all’insegna della Società anonima Moto Guzzi sul cornicione della facciata. Suo è anche il progetto dell’edificio che, all’ingresso di Mandello, ospita oggi la Canottieri Moto Guzzi.

Giuseppe Guzzi veniva descritto come taciturno, riflessivo, burbero ai limiti della misantropia, soffriva enormemente il caldo in qualunque stagione. Il suo ufficio era isolato termicamente, con un impianto di raffreddamento realizzato facendo scorrere l’acqua attraverso una serpentina lungo le pareti, e dotato di un sistema antiintrusione. Si racconta che lavorasse regolarmente al tecnigrafo in canottiera. Durante i mesi estivi compiva lunghi viaggi sulla sua Sport 500, sulla targa applicata al parafango anteriore della moto si legge:

1923 Mandello-Parigi 2000 km

1924 Mandello-Tolosa-Pirenei 2500 km

1926 Mandello-Vienna–Budapest-Carpazi 3000 km

1927 Mandello-Slesia 3000 km

1928 Mandello-Stoccolma-Lapponia-Oslo-Berlino 6200 km

1929 Mandello-Amburgo 2200

Nel 1926 mentre si trovava sui Carpazi, ruppe il telaio rigido della Sport: aiutandosi con delle vecchie coperture e camere d’aria, riuscì ad assemblare la parte posteriore del telaio e, naturalmente, a tornare in Italia. Si rese così conto che una sorta di molleggio al posteriore avrebbe migliorato di molto il comportamento della moto: nacque così la GT o Gran Turimo, con telaio elastico. Il pacco delle molle venne collocato sotto il motore e lavorava in compressione grazie a tiranti collegati al forcellone. La ruota aveva un’escursione di 11 cm e il ritorno delle molle era frenato da ammortizzatori a frizione.

In onore al dirigibile italiano che aveva consentito ad Umberto Nobile e Roald Amundsen di sorvolare il Polo Nord, la nuova moto venne ribattezzata Norge, il che non risparmiò polemiche con le case motociclistiche concorrenti per l’utilizzo sleale della popolarità di quell’impresa per fini commerciali.

Nell’estate del 1928, Giuseppe Guzzi si preparava tranquillamente alle sue consuete ferie itineranti ma, inforcata la Norge, partì per il solito giretto estivo, che questa volta fu di oltre seimila chilometri e in ventotto giorni lo portò sino a Capo Nord. Raggiungere il circolo polare artico, sulle strade e con le moto dell’epoca, era un’impresa strabiliante e la notizia campeggiò sui giornali; Naco stesso fece un resoconto pubblicato tra luglio-agosto dell’anno successivo su Motociclismo. La Moto Guzzi conquistò così sul campo l’utilizzo a pieno titolo della denominazione Norge, e Capo Nord divenne un’importante meta motocicloturistica.

Giuseppe Guzzi scrisse anche un libro stampato nel 1942, dal titolo “La motocicletta e il motociclista“, dove spiega il funzionamento dei vari organi componenti la motocicletta ed alcuni consigli sul come portarla.

Negli anni ’50 Naco si decise ad aggiornare la sua moto: utilizzò lo stesso motore del 1926 (quello della Sport 500) su un telaio della GT16 modificato. La sua moto fu donata dalla vedova di Ulisse Guzzi (figlio di Carlo) al Moto Club Carlo Guzzi di Mandello, dove è tuttora conservata.


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