Dumini Amerigo

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Amerigo Dùmini (Saint Louis, 4 aprile 1894 – Roma, 25 dicembre 1967) è stato un militare e criminale italiano, a capo della squadra fascista che sequestrò e uccise il deputato socialista Giacomo Matteotti. 

Nel 1924 fu tra i membri della Ceka del Viminale (un gruppo segreto che aveva preso in prestito il nome dal primo servizio segreto politico sovietico). La squadra rispondeva agli ordini della direzione del PNF ed era finanziata direttamente dall'ufficio stampa della presidenza del Consiglio; la sua prima azione significativa fu l'aggressione al fascista dissidente Cesare Forni, aggredito alla stazione centrale di Milano il 12 marzo 1924, mentre si trovava in compagnia di Raimondo Sala, e Guido Giroldi.

Il 10 giugno dello stesso anno Dùmini, insieme a Albino Volpi, Giuseppe Viola, Augusto Malacria e Amleto Poveromo, sequestrò Giacomo Matteotti, il segretario del Partito Socialista Unitario che aveva espresso alla Camera una dura requisitoria contro il PNF durante la campagna elettorale. Durante la fase più concitata del sequestro, Giuseppe Viola prese un pugnale e colpì Matteotti sotto l'ascella ed al torace, provocandone la morte. In seguito, i membri della banda girovagarono per la campagna romana e arrivarono alla macchia della Quartarella, a 25 km da Roma, dove seppellirono sommariamente il cadavere che fu poi ritrovato il 16 agosto del 1924 dal cane di un guardiacaccia. 

Dumini fu arrestato il 12 luglio 1924 alla Stazione di Roma Termini, mentre si accingeva a partire per il nord Italia e tradotto nel Carcere di Regina Coeli.

Tra il 16 ed il 24 marzo 1926 si svolse il processo contro Dumini e le altre persone implicate nell'omicidio. La vicenda giudiziaria si chiuse con tre assoluzioni e tre condanne (tra cui lo stesso Dumini) per omicidio preterintenzionale tutte a cinque anni, undici mesi e venti giorni, di cui quattro condonati in seguito all'amnistia generale del 1926. 

Uscito di galera, inizia la carriera di ricattatore, pretendendo dal partito premi, ricompense ed il pagamento delle spese processuali. Poco dopo la sua scarcerazione si presenta alla presidenza del Consiglio pretendendo di parlare con Mussolini: «Sono qui per lavarmi dal sangue di Matteotti». Il Tribunale di Viterbo lo condanna, il 9 ottobre 1926, a quattordici mesi di detenzione per porto abusivo d'armi e oltraggio a Mussolini. Nel 1927 è di nuovo libero, per grazia sovrana, e le alte sfere cercano di sbarazzarsi definitivamente di lui mandandolo in Somalia, dove si trasferisce nell'estate 1928, e garantendogli una pensione di cinquemila lire al mese, che per l'epoca era una somma altissima. Anche qui però Dumini viene arrestato in ottobre, rispedito in Italia e condannato a cinque anni di confino. Tra gli altri luoghi, scontò parte del confino alle Isole Tremiti.

A novembre del 1932 è libero, ma viene nuovamente arrestato il 12 aprile 1933. Intanto fa sapere a Emilio De Bono di aver consegnato a dei notai texani un manoscritto con la verità sul delitto Matteotti. Il ricatto ancora una volta funziona e viene posto di nuovo in libertà su ordine di Mussolini, con un indennizzo di cinquantamila lire.

Su proposta del capo della polizia Bocchini, nella primavera del 1934 si trasferisce in Cirenaica; qui si dà all'attività di imprenditore agricolo e commerciale, ricevendo ingenti finanziamenti dal governo italiano, ammontanti, fra il 1935 e il 1940, a più di due milioni e mezzo di lire.

Quando scoppia la seconda guerra mondiale Dumini è in Africa dove viene catturato nel 1941 dai britannici che lo condannano a morte come spia. La sentenza viene eseguita e Dumini viene colpito con 17 colpi che però non bastano a ucciderlo e gli permettono di fuggire nell'oscurità in Tunisia.


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