Caruso Enrico

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Enrico Caruso (Napoli, 25 febbraio 1873 – Napoli, 2 agosto 1921) è stato un tenore italiano.

Enrico Caruso è il grande tenore per eccellenza, grazie all'inconfondibile suggestione di uno strumento vocale unico. 

Poiché fu il primo cantante a sfruttare con consapevolezza le potenzialità (anche remunerative) offerte dal disco, la sua fama gli sopravvisse per molti anni, rendendo sempre aperta la caccia a chi, tra le grandi voci di tenore, ne potesse essere considerato a buon diritto l'erede.

Le doti naturali del giovane Caruso, per la verità, non apparivano indiscutibili: aveva voce poco potente, facile all'incrinatura sugli acuti e decisamente "corta", sì che, a volte l'emissione di un semplice "la" naturale poteva causargli delle difficoltà, al punto che lo si sarebbe potuto anche considerare un baritono.

Con l'applicazione, tuttavia, Caruso, da intelligente autodidatta particolarmente esigente nei propri confronti, arrivò a sviluppare una personale tecnica vocale (in cui l'intero torace – a un tempo mantice e organo – vibrava amplificando magnificamente i suoni) tale da correggere tutti i principali difetti dei primi anni di carriera, utilizzando il naturale colore scuro della voce come un elemento di virile seduzione.

In un panorama vocale che stava faticosamente abbandonando certe leziosità ottocentesche (quelle amate a Napoli, dove infatti Caruso fu criticato per la sua esibizione in L'elisir d'amore) e a cui mancavano ancora le voci adatte a rendere le violente passioni portate sulla scena dalla giovane scuola, Caruso fu la personalità giusta al momento giusto: seppe dare un'interpretazione straordinaria di Canio e di altri ruoli veristi, come Chénier, ma anche di quelli di Aida, Rigoletto, o Faust, opere cantate con un gusto del tutto nuovo e ben testimoniate da dischi tecnicamente primordiali, ma eccezionali sotto il profilo puramente vocale. Entrò quindi anche nelle grazie di Puccini che scrisse per lui La fanciulla del West.

Dopo l'operazione per eliminare dei noduli alle corde vocali subita nel 1909 la sua voce, come ben testimoniato dai dischi, divenne ancora più brunita, talune agilità gli furono precluse e sempre più faticoso divenne l'uso della mezzavoce. Ciò non di meno Caruso rimase un interprete inarrivabile per impeto e passionalità e, almeno fino al "si" acuto, in grado di afferrare di slancio acuti tonanti che mandavano in visibilio il pubblico e risuonano anche nelle numerose incisioni di canzoni napoletane.

È importante ricordare che i metodi di registrazione fonografica del tempo non permettevano di registrare la completa gamma vocale dell'interprete. I supporti avevano una durata massima di 4 minuti e mezzo e molti pezzi furono accorciati per rispettare tale limite.


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