Marconi Francesco

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Nato a Roma nel 1855, "Checco" proveniva da una famiglia piuttosto agiata, ma lo sconvolgimento successivo dello Stato Pontificio mandò in rovina moltissimi metallari, tra cui suo padre, uno dei principali negozianti di ferramenta della città eterna. Il bisogno e la crisi, dunque, si fecero sentire sin dalla più tenera età e Marconi fu impiegato in una falegnameria come addetto alla costruzione di bare. Questo suo passato così umile e operaio lo inorgogliva e non c'era occasione in cui non lo ricordava. D'altronde, la sua verve romanesca era piuttosto vivace e in molti ricordano i piccati commenti che era solito fare, quei modi un po' bruschi appresi proprio in officina. La falegnameria lo accompagnò fino ai vent'anni, poi giunse, inaspettata, la svolta della sua vita.

Marconi era solito uscire la sera e recarsi a Trastevere per fare qualche serenata alla ragazze che gli piacevano: questo suo canto fu notato una sera dal baritono Ottavio Bartolini che passava proprio da quelle parti e fu allora che lo prese sotto la sua protezione come maestro. La famiglia comprese solo dopo qualche tempo quanto la voce del ragazzo fosse eccezionale. Il debutto avvenne nel 1876 a Firenze, presso il Teatro Pagliano (l'attuale Teatro Verdi) nel Mefistofele di Arrigo Boito. 

Insomma, già a ventuno anni Marconi vantava un timbro soave, un suono giusto e una resistenza fenomenale ai fiati, come se al posto della laringe avesse l'arco di un violoncello. Pian piano il tenore romano riuscì a conquistare platee ben più ambiziose e non è un caso che già nel 1878 ci fu l'opportunità di volare all'estero. L'esordio avvenne con il Faust di Gounod presso il Teatro Reale di Madrid. L'invito alla corte spagnola fu la conferma dei crescenti apprezzamenti nei suoi confronti e Marconi si sentì sempre a casa da queste parti.

Purtroppo, però, la sua voce eccezionale non durò a lungo e una sera, a Roma, gli venne meno mentre si accingeva a cantare "La donna è mobile". Morì nella Capitale nel 1916, ma col rimpianto di non aver conquistato la stessa fortuna di altri colleghi, ma con la consapevolezza di aver lasciato in eredità un patrimonio spirituale senza precedenti.


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