Romani Pietro

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Pietro Romani nacque a Roma il 29 maggio 1791 da Gaetano e da Antonia Basile. Come compositore d’opere esordì il 26 dicembre 1816 con Il qui pro quo, dramma buffo di Gaetano Gasbarri, al teatro Valle di Roma. A detta di Louis Spohr, testimone oculare insieme a Giacomo Meyerbeer, fu un «vero e proprio fiasco», acuito dal confronto impietoso con la première della Cenerentola di Gioachino Rossini, andata in scena sullo stesso palcoscenico pochi giorni dopo; a essa Romani fornì un contributo importante: «si devono render molte grazie al lodato Signor Romani, che con un tratto di rara amicizia si trattenne appositamente in Roma per concertare con somma intelligenza e zelo questo Dramma, dando così maggior agio al Signor Rossini di scrivere». Da allora in poi Romani si cimentò soprattutto nel meno remunerativo genere del ballo, scrivendo o assemblando le musiche per grandi coreografi come Giovanni Galzerani, Antonio Landini, Salvatore Taglioni. Fu invece ai massimi livelli, e pluridecennale, l’attività di ‘maestro al cembalo’, poi ‘maestro dell’opera’, ovvero preparatore e concertatore, con il compito, all’occorrenza, di adattare le musiche per gli esecutori. Come risulta dal Giornale del Dipartimento del Reno: parte Letteraria, e di amena lezione, 19 maggio 1812, n. 20, p. 77 (a proposito di un duetto da lui composto per Giovanni David e Luigi Zamboni in un allestimento fiorentino del Ser Marcantonio di Stefano Pavesi), tale attività doveva essere iniziata già nel 1812 al teatro della Pergola, a Firenze, sua città d’adozione. Nella stagione d’autunno del 1816 nel medesimo teatro ci fu l’episodio più rilevante nella biografia artistica di Romani, in occasione della seconda ripresa del Barbiere di Siviglia di Rossini. Romani compose l’aria Manca un foglio, e già suppongo per rimpiazzare la corrispondente aria rossiniana A un dottor della mia sorte, evidentemente troppo ardua per il basso buffo Paolo Rosich. L’adattamento di una partitura alle esigenze dei cantanti era pratica corrente all’epoca; è però singolare che l’aria di Romani si sia radicata nella tradizione esecutiva del Barbiere di Siviglia e sia rimasta in uso fino a Novecento inoltrato, tanto da essere presente in moltissime copie manoscritte. Per questa ragione è stata accolta in appendice alle due recenti edizioni critiche del capolavoro rossiniano. L’aria di Romani, che in forme più dimesse ricalca i tratti dell’esorbitante modello rossiniano, si può ascoltare nelle incisioni del Barbiere dei primi del Novecento.

Romani divenne «soprintendente agli spettacoli del teatro della Pergola, quantunque non [sempre] figurasse come tale sui cartelloni e sui libretti fatti stampare dall’impresa; e pel favore che presto si acquistò presso la popolazione e presso i musicisti, divenne in certo modo l’autocrate di ogni spettacolo teatrale che si desse nella nostra città». Legò la sua attività, anche fuori Firenze, all’impresario Alessandro Lanari, di cui fu il più fidato collaboratore. In occasione della prima ripresa assoluta di Giovanna d’Arco, Giuseppe Verdi scrisse a Romani una lettera importante sulle modalità esecutive della propria musica, precisando: «tu [...] sai bene interpretare da te; ma se ti fa piacere che te ne dica qualcosa eccomi a servirti»; indi, in vista della ‘prima’ del Macbeth, scrisse a Lanari: «Senza dubbio presto presto scriverò a Romani pregandolo anzi perché s’adopri per la mise en scène». Lo stesso Romani dichiarò qualche anno dopo a Meyerbeer che le sue incombenze andavano oltre quelle strettamente musicali: «io qui [alla Pergola] sono Direttore della Musica, Direttore del vestiario, Direttore della scena degli attrezzi delle machine dei fuochi, insegno a gestire i cantanti coristi comparse infine tutto tutto tocca a fare a me solo»; annotazione interessante, in quanto all’epoca era di solito il poeta teatrale a farsi carico della messinscena. Romani fu determinante nelle ‘prime’ italiane di altre importanti opere straniere, tutte alla Pergola: Roberto il diavolo e Gli Ugonotti dello stesso Meyerbeer, nonché Il Freyschütz di Carl Maria von Weber, per il quale il nipote Carlo Romani musicò i recitativi. Romani ebbe inoltre vasta fama come insegnante. Morì a Firenze l’11 gennaio 1877. 


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