Antonio Brignole Sale

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Antonio Giovanni Francesco Maria Ignazio Luigi Brignole Sale, marchese di Groppoli (Genova, 22 maggio 1786 – Genova, 14 ottobre 1863), è stato un politico e diplomatico italiano, al servizio del Regno di Sardegna.

Il nonno paterno era Rodolfo Emilio Brignole Sale, centosessantasettesimo doge della Repubblica di Genova e ultimo di questo ramo della famiglia. Sua cugina era Maria Caterina Brignole Sale, principessa di Monaco e poi di Condé, mentre la madre Anna è stata dama di compagnia delle mogli di Napoleone, Joséphine de Beauharnais e Maria Luisa d'Austria. Il fratello maggiore Rodolfo (†1832) nel 1818 fu nominato da Pio VII vescovo titolare di Assura (in partibus infidelium), la sorella Maria Pellegrina sposò il duca Emmerich Joseph von Dalberg (1773-1833), numero due della diplomazia napoleonica solo dopo Talleyrand, e infine l'altra sorella, Caterina, sposò il conte Carlo Alfonso Marcello Marescalchi (1782-1868), ciambellano del viceré d'Italia Eugène de Beauharnais. Pertanto Antonio iniziò a muovere i primi passi sotto i migliori auspici, avendo importanti legami con persone altolocate a Genova come a Parigi. L'era napoleonica Dopo gli studi al Collegio Tolomei di Siena, città della madre, si trasferì a Parigi, dove quest'ultima lo inserì nei ranghi dell'amministrazione imperiale. Nel 1805 prese parte alla definizione dell'annessione della Liguria alla Francia, il cui trattato venne firmato proprio a Palazzo Rosso (Genova), la sua casa. Dal 1807 al 1812 svolse diversi importanti incarichi a Parigi, venendo a contatto direttamente con l'Imperatore, che ne apprezzò la solerzia e l'intelligenza. Per i suoi meriti il 30 agosto 1810 venne creato conte dell'impero. Rientrò in Italia, divenendo dal 12 marzo 1813 prefetto per la città di Cairo Montenotte, dopo la famosa battaglia combattuta dalle truppe francesi. Nella sua giurisdizione ricadeva Savona, città che a quel tempo vedeva il papa Pio VII prigioniero dei francesi, e la scelta di porre in quella posizione un nobile genovese fervente cattolico non era certamente casuale, data la volontà di Napoleone di trovare di nuovo un accordo col pontefice. Quest'ultimo usava chiamarlo "il mio buon carceriere"


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