Pellico Silvio

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Silvio Pellico (Saluzzo, 25 giugno 1789 - Torino, 31 gennaio 1854) Pellico dopo gli studi, si trasferì a Milano dove conobbe il Monti ed il Foscolo e qui cominciò a scrivere, all'incirca dal 1812, specialmente per il teatro, ideando tragedie formalmente ancora classiche, ma già romantiche da un punto di vista contenutistico.

Nel 1815 fu rappresentata la sua tragedia Francesca da Rimini, in cui l'episodio dantesco venne interpretato alla luce delle forti influenze romantiche e risorgimentali con le quali Pellico era entrato in contatto nella città lombarda. Fu proprio a causa del suo profondo soffio patriottico che nel 1820 venne arrestato con l'accusa di carboneria: condannato a morte, la sentenza fu commutata in 15 anni di carcere, da scontare nella fortezza di Spielberg, in Moravia. Nel 1830 arrivò anticipatamente la grazia imperiale e, tornato in Italia, lo scrittore scelse la città di Torino, dove si ritirò completamente dalla politica e si estraniò dai circoli letterari, vivendo grazie ad un posto di bibliotecario presso la marchesa di Barolo. Pellico non dimenticò mai l'esperienza carceraria, la vicenda divenne il soggetto dell'opera memorialistica "Le mie prigioni", del 1832. Nel famoso scritto, si narrano l'arresto, la vita nel carcere e la liberazione dello stesso Pellico, che volle però porre l'accento sul percorso spirituale legato alla vicenda, i cui effetti furono la riscoperta della fede ed una rassegnata indulgenza verso l'esistenza e verso gli esseri umani. Tanto in carcere quanto dopo la liberazione compose diverse tragedie (Ester d'Engaddi, Iginia d'Asti, Gismonda, Erodiade, Tommaso Moro), delle cantiche (Tancredi, Morte di Dante) e varie liriche.


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